Ho avuto occasione di dire che apprezzo molto l’impegno della Cancellieri e dei suoi stretti collaboratori, che conosco da tempo, nel governare questa fase straordinaria della vita amministrativa della città.
Ho già detto che mi auguro che questa fase sia la più breve possibile per ridare alla città un sindaco eletto dai bolognesi. Ma mi fido molto di lei perché sono certo che non si farà tirare, da destra o da sinistra, nel gioco della candidatura a sindaco. La forza di un commissario è data dal ruolo di arbitro chiamato a gestire una fase delicata, traghettando la città verso le elezioni. La candidatura, più volte smentita dall’interessata, rappresenterebbe quindi una contraddizione in termini.
Vengo invece a chiarire il mio parere sulle tappe di avvicinamento al voto.
Sto seguendo con grande attenzione e doveroso rispetto gli autorevoli pareri di ex sindaci, di politologi, di illustri esponenti della società civile animati da grande amore per la città che fanno appello alla discesa in campo dei figli nobili di Bologna che, uniti in una sorta di governo dei migliori, curi la grande malata. Negli anni 70 per sfondare anche nel calcio gli americani inventarono i Cosmos di New York chiamando, seppur a fine carriera, i migliori del mondo: Pelè, Carlos Alberto, Beckembauer (il mio mito, libero come me), Neeskens, dall’Italia Giorgione Chinaglia. Un grande battage pubblicitario ma purtroppo tante stelle non fecero squadra…vinsero tanto, ma in una sorta di torneo dei bar, e non sfondarono nel calcio mondiale. Ovviamente nessun riferimento alla politica, è la mia passionaccia che mi porta a paragoni impropri. Ben venga la discesa in campi dei tanti nomi letti in questi giorni, ci sarà tempo per capire in quali ruoli possano dare il loro contributo. Ho notato che hanno fatto scalpore alcune mie dichiarazioni dei giorni scorsi su una frase che io considero di una banalità sconcertante:
"Chiunque si proponga di governare questa città in una fase difficile si deve rivolgere indistintamente ai bolognesi, deve essere rispettato da tutti e rispettare tutti. E parlo sia del candidato sia dello schieramento. Questo non significa unanimismo stupido né strane alleanze". Il significato autentico di questa mia dichiarazione non è relativo a strane o vuote liste civiche, ma alla constatazione che l’elettorato è mobile ed è sensibile naturalmente alle proposte programmatiche (l’idea di città) ma anche ai messaggi diretti, chiari e semplici.
Con questo concludo, cari lettori, lanciando anche la mia provocazione. Pensiamo anche al governo dei “modesti”. Dal vocabolario:”…che si contiene nei giusti limiti; temperante, semplice, decente, senza sfarzo….”.
Insomma, qualcuno potrebbe anche pensare che la stagione dei maestri e dei saccenti stia tramontando.
Bologna, 20 aprile 2010
Maurizio Cevenini