Il congresso Ds
Data: Lunedì, 02 aprile alle 18:22:59
Argomento: Tribuna


Si è chiuso con l’amaro in bocca quello che, molto probabilmente, sarà l’ultimo congresso della Federazione di Bologna dei DS. Si chiude una storia di passioni e di lotte che, dal dopoguerra ad oggi, hanno caratterizzato la vita dei comunisti italiani compreso il difficile travaglio che dall’89 portò ad una straformazione radicale. Tutto questo patrimonio non andrà disperso ma verrà messo a disposizione di un processo più ambizioso, adeguato ai tempi,aperto ai tanti che da dieci anni attendono che l’intuizione dell’Ulivo diventi realtà.

Nelle conclusioni del nostro congresso si è ricordato il dato della partecipazione di duecentocinquantamila persone che hanno partecipato ai congressi. Una dato senza precedenti che ha espresso un risultato (il 75% in Italia, quasi il 90% dalle nostre parti) netto sulla volontà degli iscritti ai Ds di muoversi verso la costituzione di un nuovo partito assieme alla Margherita ma soprattutto aperto a tanti che oggi non si riconoscono negli attuali partiti. Ne ha bisogno il Governo che deve avere un forte sostegno dai due partiti più grandi della coalizione, ma ne ha bisogno soprattutto il Paese che credo sia stanco, a destra e a sinistra, di vedere una proliferazione inconcludente di gruppi e di partiti.

Cammineremo sul filo del rasoio anche nei prossimi mesi, ma non dobbiamo rinunciare all'ambizione riformatrice per rompere il circolo vizioso tra una politica debole e una società frammentata. Al centro di questa fase occorre porre nuove basi politiche e culturali e i valori di una sinistra moderna, che riguardano l’espansione della democrazia economica e sociale in tema di sicurezza del lavoro, della redistribuzione della ricchezza, della riorganizzazione del sociale. Tutti obiettivi ambiziosi per un partito tutt’altro che moderato come vogliono dipingere coloro che hanno annunciato l’addio prima del processo costituente del nuovo partito.

E qui riprendo il tema di apertura dell’amarezza sulle conclusioni del congresso bolognese. Il primo motivo è stato l’intervento di compagni, che conosco da una vita, che hanno annunciato la loro uscita rifiutando un ruolo di minoranza all’interno della nuova compagine. Rispetto pienamente la loro scelta ma mi permetto di obiettare che non vedo grandi differenze da quando questo ruolo era stato accettato, fino alle ultime decisioni su incarichi parlamentari e governativi. Che si andasse verso il partito democratico era chiaro a tutti da tempo e l’uscita annunciata, che significa un nuovo gruppo parlamentare e in futuro forse un nuovo partitino, è tutto tranne che un rafforzamento dell’Unione. L’altro dato è l’ombra calata nel segreto dell’urna sul voto al segretario De Maria. Il 75% è un margine ampio di consenso che non mette assolutamente in discussione il ruolo, ma un numero consistente di voti contrari senza annuncio alla luce del sole, è un segnale profondamente negativo ed ingeneroso per chi ha lavorato, dal giorno della sua nomina, per l’unità del partito.

Bologna, 2 aprile 2007                                 Maurizio Cevenini







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