Nei giorni scorsi si è svolta una seduta consiliare in Provincia dedicata alla verifica di metà mandato. E’ stato un appuntamento importante per fare, sulla base del documento presentato dalla Giunta, un’analisi attenta degli obiettivi raggiunti e degli impegni futuri; come sempre nel mio ruolo di presidente dell’assemblea ho dovuto mantenere un doveroso distacco dai toni polemici che il dibattito ha assunto e tre ore di discussione animata hanno messo a dura prova la mia capacità di equilibrio. Comprendo sempre di più che il ruolo assunto da poco più di due anni mi sta staccando, non avendo responsabilità dirette nell’esecutivo, dalla politica attiva assorbito sempre più da un ruolo istituzionale che impone regole di comportamento condivise dall’intera assemblea.
Un vantaggio però questo distacco lo concede: ascoltando i colleghi e buttando l’occhio verso l’esterno si può analizzare la situazione che ci circonda senza affanno e torna spesso alla mente il distacco vero tra il Palazzo e l’esterno. E’ tutt’altro che la litania antipartitica che investe la società italiana, perché io credo fortemente al ruolo dei partiti, con particolare riferimento al mio in viaggio di transizione verso il partito democratico. La constatazione amara è legata all’esempio quotidiano che stiamo dando di mancata coesione e conseguente mancanza di senso dello Stato. Non posso credere che l’Italia rischi nuove elezioni per il legittimo riconoscimento di qualche diritto a chi decide di convivere, per una base militare o una missione dell’Onu. I milioni di uomini e donne che ogni giorno si confrontano con la quotidianità della vita, che hanno consapevolmente dato una delega a una parte politica per amministrare in modo onesto e trasparente, non accettano di soggiacere a ricatti, più o meno marcati, di partiti dello zero virgola. Forse è tempo di staccare gli ormeggi, di andare a vedere i bluff salvando la dignità. Ho ancora sulla pelle le ferite e gli agguati del primo governo Prodi e le conclusioni disastrose di quella esperienza e se c’è un pertugio, una formula elettorale che permetta la fine della strategia del ricatto imbocchiamola decisamente prima che sia troppo tardi… Mentre la mente vola (come dice il cantante che non ricordo) è il momento di togliere la parola ad un consigliere troppo lungo e mi accorgo della presenza dei rappresentati dei sei gruppi della mia maggioranza (e siamo fortunati rispetto al parlamento) riporto la barra della mia mente alla ragione politica, all’esigenza del confronto della sintesi delle opinioni…
Già ma fuori non è così. Per motivi personali ho avuto occasione di parlare a lungo con un ragazzo diventato uomo in fretta per le grandi responsabilità che gli sono cadute addosso attraverso una bruciante carriera. E’ di sinistra, ha le idee chiare, ha entusiasmo e proposte, è sulla riva che guarda l’orizzonte della politica, spera nella svolta del partito democratico. Ma noi siamo chiusi nel palazzo, l’aria fresca di questo pazzo inverno non ci attraversa e forse è tardi per ascoltare le mille esperienze di vita che giungono da fuori. Trentasei presenti, venticinque voti favorevoli, undici contrari, il consiglio approva dichiaro chiusa la seduta…