Roma capitale
Data: Martedì, 06 maggio alle 19:45:47
Argomento: Tribuna


Non ricordo chi fu che, in un intervento alla Camera dei Deputati, disse solennemente che rinunciava a capire gli italiani, ma ricordo bene che non si dimise per questo motivo dal suo ruolo privilegiato. Sfogliando i fogli che riportano crudelmente i flussi elettorali in movimento delle recenti elezioni si comprende che è ormai svanito il voto di appartenenza.

 

 

Se si esclude tutto ciò che ruota attorno al quadro attivo dei partiti e i pochi collegamenti nei gruppi sociali organizzati, la stragrande maggioranza degli italiani può saltare tranquillamente nel giro di mesi, a volte di giorni, da un partito all’altro e succede che avvenga persino tra estremi. Forse sta in questo la traduzione pratica del germe dell’antipolitica che non si manifesta nel distacco dall’esercizio del voto ma nella scelta contro qualcuno. Su questo ha inciso moltissimo l’ormai consolidata sensazione, diventata sostanza, che i programmi elettorali sono molto simili e che l’unica differenza è data dalla effettiva realizzazione. Questa è una prima chiave di lettura del risultato netto del 13 e 14 aprile. Il centro sinistra unito in campagna elettorale, e bizzoso nell’esercizio di governo dei due anni precedenti, è stato punito soprattutto da coloro che avevano creduto alle promesse di cambiamento e di azioni atte a migliorare le condizioni di vita degli italiani. Personalmente continuo a credere che, come avviene in tutta Europa, i primi provvedimenti governativi debbano servire per pianificare un lavoro di legislatura che Prodi non ha avuto a disposizione, ma qui si torna ai se e ai ma che in politica non pagano. Roma da questo punto di vista può essere considerato un dato ancor più emblematico di quanto possa essere negativo il voto contro. Io voglio credere, come tanti osservatori hanno scritto per anni, che l’amministrazione Veltroni abbia lavorato bene e che i romani avrebbero, senza la parentesi delle elezioni nazionali, riconfermato qualora avessero potuto la fiducia al loro sindaco. La scelta della persona in questi casi è estremamente delicata perché entrano in campo tante variabili legate alla capacità di entrare in sintonia stretta con le persone. Rutelli pagava lo scotto del “ritorno” ma nonostante tutto ha sfiorato la vittoria al primo turno, ah ricordi lontani… Dopo è successo di tutto, non ultima la certezza che, senza alcun ordine di scuderia, migliaia di elettori di sinistra radicale, hanno votato Alemanno solo per dire no a Rutelli e al PD, suggellando definitivamente l’abbandono di quel poco di appartenenza che dovrebbe guidare le nostre scelte. Un voto pesantemente contro. Volutamente tralascio i temi di campagna elettorale, sicurezza per primo, che si erano “contati” al primo turno e che al secondo avrebbero dovuto confermare le distanze. Ora il PD discute se sia giusto continuare la politica della cosiddetta vocazione maggioritaria, io penso che si debba occupare soprattutto del contatto con la gente e valutare, quando indica i candidati, chi riesce a farlo meglio. I programmi tutti belli, sia a destra che a sinistra; questo ci ha detto il voto di Roma capitale.

 

 

Bologna, 6 maggio 2008

                                    Maurizio Cevenini

 

 







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