Gli ultimi fuochi e le note di Bonetti
Data: Mercoledì, 19 settembre alle 20:04:15
Argomento: Tribuna


Sempre più spesso è indispensabile ascoltare una voce esterna per comprendere come cambia il tuo mondo e questo è avvenuto quando una amica, che non ha nulla da spartire con la storia del pci dei ds e forse neppure del Partito democratico, mi ha fatto capire come stesse finendo un mondo.

 E’ finita la festa dell’Unità con la solita estrazione dei biglietto vincente dell’automobile ed i fuochi. Tanti occhi rivolti verso il cielo dell’ultima festa pieni di profonda malinconia, qualche lacrima neppure un sorriso. Centinaia di volontari, stremati da un mese di lavoro, si sono sentiti smarriti in quella fresca notte mentre alcuni cominciavano a smontare le strutture.

E’ quasi  per trascinamento che ci siamo trovati in tanti nell’ultimo stand aperto, attratti dalle note e dalla voce di Vittorio Sonetti; la voce del pianobar, delle serate in compagnie, del tirar tardi con un bicchiere e la voglia di stare insieme, chiacchierando di tutto, d’amore politica e canzoni. Bonetti è una istituzione delle feste da quasi trent’anni: lui conosce il pubblico particolare che le frequenta sa ciò che vuole; nessuna scaletta, un mix di canzoni richieste piene di sentimento, di nostalgia, di impegno civile cantate in gruppo.

Ecco lunedì sera ci voleva: e non è stato anomalo cantare tutti insieme, uomini e donne diversi, accomunati dalla voglia di ricordare una storia bella vissuta assieme, tra poche gioie e clamorose sconfitte.

E’ stato naturale passare da Guccini, Dalla, gli Intillimani fino a bella Ciao e all’Internazionale, per concludere con la Storia siamo noi. In molti, al termine, è stato bene che non prendessero la macchina per tornare a casa perché la cantina dello stand ha vuotato anche l’ultima bottiglia. Attorno a noi si sono spente tutte le luci della festa e da ultimi ci siamo ritrovati al buio a pensare a quanto avevamo fatto fino ad allora per un partito che abbiamo profondamente amato. La considerazione che ancora una volta prevaleva era il netto contrasto tra queste feste e l’affanno della sinistra, e poi la speranza nei giovani che non sono tutti travolti nel messaggio di Grillo o nel cielo azzurro berlusconiano. Intanto l’Arca ha raccolto l’omaggio di tanti cittadini, il mio contributo è stato un bicchiere dove, dice un vecchio compagno, avrebbe bevuto Enrico Berlinguer inaugurando la festa nazionale del 1974. Fuori dal Parco Nord, da domani, ci attende un’avventura nuova legata ad un Partito che tenta di far sposare anime e culture diverse, una città da amministrare, una politica da salvare dal fango di falsi profeti.

Maurizio Cevenini

 







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